DAL MONDO ECONOMICO, SCIENTIFICO, AZIENDALE E DAL NOSTRO "PENSATOIO"
Domenica - Febbraio 26, 2012 19:06     Visto:701     A+ | a-

DAL MONDO ECONOMICO, SCIENTIFICO, AZIENDALE E DAL NOSTRO "PENSATOIO", ABBIAMO SCELTO PER VOI :
 
√ In regalo per voi : «Se…». L’Italia del dopoguerra è stata una straordinaria fucina di uomini particolari che tutto il mondo ci invidiava e che hanno dato alla figura dell’imprenditore il suo carattere mitico, romantico, controverso ma anche carismatico ed emblematico di cosa dovesse significare «classe dirigente» in una società in veloce trasformazione. A cosa si ispiravano questi uomini quando non esistevano né libri di management né consulenti strategici e la loro stessa cultura di base lasciava spesso a desiderare ? Questo documento sintetizza con incredibile semplicità e profondità ciò che Luigi Einaudi consigliava agli imprenditori dell’epoca che erano nel bene e nel male autentica classe dirigente. Abbiamo motivo di ritenere che i Borletti, i Borghi, i Bassetti, i Pirelli, gli Agnelli, i Rizzoli, i Mattei, i Merloni, e tanti altri abbiano costruito i loro imperi e abbiano fatto cultura (l’impresa è cultura) interpretando in modo appassionato, convinto e assolutamente completo queste indicazioni frutto di una intelligenza e intuizione che possono e devono essere fonte di ispirazione più oggi che in passato. Più sugo in queste due paginette che in tanti pretenziosi MBA attuali. Chiedere in segreteria.
 
√ Meritocrazia , 2 - Il termine «differenziazione» nella gestione del personale è stato coniato da Jack Welch , ex Ceo della GE.  Nella sua mente sta ad indicare il chiaro concetto che i rendimenti delle persone sul lavoro non sono tutti uguali e che se c’è da spartire qualcosa oltre la paga contrattuale questa «partecipazione» all’utile aziendale deve essere fatta tenendo conto del merito individuale secondo un criterio riservato alla valutazione soggettiva del datore di lavoro. Per gestire in questo modo limpido e coraggioso, nel nostro Paese ci vuole un cuore da leoni e soprattutto tanta voglia di cercarsi delle grane (si pensi solo ai piagnistei di chi viene “differenziato” in senso negativo). Per questo non lo fa quasi nessuno ma è un errore perché i soggetti migliori (cioè i più utili all’azienda) non vedendo riconosciuti i loro sforzi alla fine tirano i remi in barca e l’azienda soffre di più che non avendo scontentato i mediocri. Si tratta in fondo solo di assumere una posizione chiara e trasparente: la meritocrazia fa scorrere un po’ di sangue all’inizio poi, capito il vento che tira, viene accettata semplicemente perché è giusta (purché sia giusta!). Per rincuorare i capi azienda titubanti non troviamo di meglio che diffondere questa testimonianza del signor Michelin, storico e famosissimo imprenditore:
 
«Nei primi tempi osservavo tra gli operai alcuni  che erano una vera élite.  La loro devozione mi era stata così utile ai nostri inizi ossia in un’epoca nella quale le difficoltà superavano di gran lunga i benefici,  che mi risolsi a compensarli quando vennero anni migliori. Poiché essi avevano lavorato più di quanto mi dovessero per la loro paga, ritenni giusto di dover dar loro  più della loro paga. Perciò fondai la partecipazione agli utili. 
Sapevo che essi prendevano a cuore in tutto l’interesse della casa e che essi, al par di me, volevano fabbricare il miglior pneumatico possibile. Essi curavano di evitare lo spreco delle merci e delle materie prime e di ben utilizzare gli strumenti di lavoro, perché capivano che in ciò sta una gran ragione di grande economia, e seguivano  con la maggior attenzione le consegne loro date, in modo che il  loro lavoro  fosse sempre perfettamente eseguito. Se essi reputavano vantaggioso modificare una maniera di lavorare o cambiare una macchina, lo dicevano ai capi, e li avvertivano quando qualche cosa non andava bene nelle gomme, nelle tele e nelle altre materie prime. E se capitava loro di commettere uno sbaglio, invece di nasconderlo e di dirsi: tanto peggio, non se ne accorgeranno!, segnalavano la cosa ai loro capi affinché la fabbricazione non ne soffrisse. Per essere un buon partecipante agli utili, bisogna essere come costoro. Ci tengo ad affermare che se un uomo non ha tutte queste qualità, se egli non dà al lavoro una cura continua, se egli cerca di cavarsela , se egli  non  pensa: “Io voglio che il mio lavoro sia ben fatto”, costui non è degno di diventare e neppur di continuare ad essere un partecipante agli utili. Vennero operai da me dicendomi: “Ho sei anni di presenza, dovrei essere un partecipante”. S’ingannavano. La partecipazione non è fatta  per premiare  l’anzianità. La partecipazione agli utili è riservata agli uomini intelligenti e coscienziosi che ci aiutano con tutte le loro forze a far sì che il pneumatico  Michelin sia sempre  il miglior pneumatico del mondo».
 
√ Comunicazione, 1- In definitiva tutta la comunicazione aziendale si riduce ad un solo ruvido    concetto : le persone devono sapere, con il minimo scarto possibile, quello che voi avete in testa.
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