CRISI ECONOMICA E GRANDE OPPRESSIONE
Giovedi - Luglio 25, 2013
18:41
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CRISI ECONOMICA E GRANDE OPPRESSIONE
Molti dottori si stanno affannando attorno al paziente in stato comatoso – il nostro povero Paese – e cercano di rianimarlo ritenendo che la malattia di cui soffre sia l’economia depressa. Essi non si rendono conto che lo stato dell’economia non è la malattia, ne è solo il sintomo. Da qui la pressoché totale irrilevanza di misure prese da governanti che si succedono al timone senza che la nave cambi di un grado la sua rotta, diretta in modo che sembra ineluttabile verso il suo naufragio. Forse è necessario guardare in un’altra direzione.
Solo chi ha un certo numero di primavere sulle spalle può capire, avendo una esperienza diretta del cambiamento avvenuto, l’effetto prodotto in Italia dall’avanzare di un fenomeno che io chiamo Grande Oppressione, un processo di progressiva spoliazione dall’interno delle libertà individali che in modo subdolo, indolore e inarrestabile si è insinuato nella vita dell’italiano avviluppandolo, senza che egli se ne accorgesse, in una cappa tale di lacci e lacciuoli da rendere impegnativo e defatigante il più minuto atto amministrativo, fosse anche il semplice pagamento di un balzello. Figurarsi poi il realizzare qualcosa di produttivo rimanendo, come si deve, nei limiti della legge.
Sono in pochissimi oramai a ricordare come si metteva su un’impresa negli anni '60 – si faceva e basta se c’erano un’intuizione , un prodotto e un cliente – come si trovavano i dipendenti, come si faceva la dichiarazione dei redditi (due paginette due) come si usava la propria energia mentale e fisica : al 100% per star dietro all’entusiasmo del fare e non, come oggi, per adempiere in uno stato di passiva sudditanza a cervellotiche disposizioni burocratiche emanate da un potere occulto che si è allargato come un cancro in un organismo, la nostra società, che sta oramai agonizzando bloccata com’è in ogni suo tentativo di sottrarsi alla morsa fatale.
La Grande Oppressione appare dunque con il suo vero volto solo a chi ha vissuto quando di questa non v’era traccia e tutta l’energia era disponibile per creare il proprio futuro. Per molti nati dopo gli anni '70 parlarne non ha senso: essi pensano che il modo di essere della società attuale sia l’unico possibile e vi si assogettano volentieri, ritenendolo assolutamente democratico. Non riescono a capire che un prelievo fiscale del 60% sul proprio reddito – ma credo che anche questa soglia sia stata oramai superata – si traduce di fatto in una tale privazione di libertà personale (la libertà di vivere come si vuole spendendo i propri soldi come si vuole) che oltre a configurare una situazione di schiavitù occulta che va al di là di ogni legittimazione morale, non può che generare la causa numero uno della crisi economica : la mancanza di denaro da spendere unita alla sensazione che le cose non miglioreranno. E che altro è l’economia se non soddisfare a pagamento bisogni e desideri? Ma se lo Stato sequestra quasi tutto il reddito quali bisogni possono essere soddisfatti?
Ma la Grande Oppressione non si limita, come il più perverso dei parassiti, a succhiare il sangue delle sue vittime. Come una orribile metastasi essa ha oramai incuneato le sue cellule maligne in ogni ganglo dell’apparato amministrativo, sindacando su ogni più minuto atto della vita privata o produttiva dei singoli, così che sempre più persone sono indotte, quando possono, a comportamenti illeciti.
Veniamo al punto. Si dibatte se di questa situazione, che ci sta portando dritti al naufragio in barba alle inconsistenti terapie dei dottori, siano colpevoli i burocrati o i politici. Questo dibattito è surreale. Dimostra come si stia pian piano perdendo il semplice senso comune. La Grande Oppressione può nascere e prosperare solo quando si sfilacciano i cardini del buon governo di una società aperta e liberale. Idee in competizione su quale modello di società si vuole. Persone capaci di tradurre queste idee in realtà. Sistemi di governance che consentano di neutralizzare i sabotaggi di programmi democraticamente decisi. Non c’è bisogno di granché d’altro.
Ma perché il sistema rientri nei cardini e possa girare – ridimensionando così la ridicola querelle sul rimpallo di responsabilità tra burocrati e politici , sembrerebbe infatti ovvio ritenere che il detentore del comando debba essere chi è stato delegato dal popolo per esercitarlo, o no? – è necessario l’ingrediente che più è mancato in Italia: il controllo serio, competente, implacabile dei cittadini sull’operato di chi ha ricevuto un mandato per esercitare un potere che non nasce in astratto o per volontà divina o per diritto dinastico ma, come dice la legge, è in primis residente nel popolo.
Come mai potrà avvenire da noi questa presa di coscienza collettiva, questa scoperta tardiva del principio di realtà, se con lunghi anni ancora di depressione e umiliazione crescenti o con azzardi rivoltosi e violenti questo non lo so. So solo che la nostra economia, potenzialmente una delle più effervescenti del mondo, non potrà mai ripartire se la Grande Oppressione non verrà abbattuta in modo radicale, così da liberare il potenziale che nonostante tutto ancora sopravvive in noi. E so anche che il mostro non verrà mai attaccato da coloro che grazie ad esso prosperano e sono una moltitudine. Amici coraggio, un po’ più di coraggio, ognuno di noi nel suo piccolo ambito attacchiamo la perfida bestia.
Pepe Caglin